venerdì 8 gennaio 2021

Il mio nonno Antonio il giorno del suo ottantesimo compleanno con il mio papà Pio

8 gennaio 1959


Mi chiamo Daniela e ho 7 anni e mezzo. Oggi è giovedì ma non vado a scuola. Sono molto felice perché è un giorno speciale, non solo perché  non vado a scuola ma perché il mio nonno compie 80 anni e si fa una festa con tanti parenti invitati. Nella saletta dove non andiamo mai hanno messo insieme dei tavoli con la tovaglia bianca e sembra un unico  tavolone lungo. La mamma ha tirato fuori dalla credenza il servizio con i fiordalisi che ha ricevuto per il matrimonio e a me sembra tutto incantevole. Ha messo anche i bicchieri a calice, tutte cose che usiamo solo a Natale. Io pero non mangerò seduta a quel tavolo perché c’è posto solo per un bambino e si deve scegliere uno di noi quattro. Potrebbe essere scelta mia sorella Mariapia perché é la più grande, o mio fratello Franco perché è l’unico maschio oppure Angela perché è la più piccola. Però secondo me dovrei essere io perché sono la preferita del nonno, ma non si vogliono fare preferenze per cui non essendo la più grande o un maschio o la più piccola sono esclusa. Questa cosa mi intristisce un po’ ma non voglio rovinarmi questa giornata e quindi cerco di non  pensarci. Almeno non oggi. Poi la maestra, alla quale i miei genitori hanno chiesto il permesso per l’assenza della scuola, mi ha tenuto in classe ieri sera per insegnarmi una poesia per il mio nonno, quindi al momento della torta io andrò nella saletta e reciterò la poesia e vedrò la commozione di tutti e avrò il mio momento. Però prima andiamo a messa nella chiesina. È molto freddo e anche strano andare a messa di giovedì mattina quando tutti i miei compagni sono in aula. Mi sento molto importante. La messa è in latino e il prete rivolto all’altare bisbiglia delle preghiere che non capisco. Però so un po’ il Pater noster e il Gloria Pater e lo recito con  gli altri e dico anch’io Amen anche se con un secondo di ritardo perché non so mai quando si deve dire. 

Poi torniamo tutti in casa dove la mamma si rimette ai fornelli. È venuta sua sorella, la zia Giovannina,  a darle una mano. Ci sono dei piatti già pronti con varietà di salame, prosciutto e mortadella. Il bollito misto sta cuocendo da parecchio e sarà pronto per mezzogiorno, l’arrosto è stato cucinato ieri e tagliato a fette da freddo e dovrà solo essere riscaldato. Le patate sono servite bollite con il bollito e fritte con l’arrosto. La mamma è un po’ in agitazione ma è  una bella cosa perché quando fa così io so che tutto le riesce bene. Non ci vuole attorno per cui sto seduta sulla  panca vicino al camino e cerco di non dar fastidio. Mi piacerebbe che  mi chiedesse di portare in tavola il cestino del pane o i piattini con la mostarda, o qualsiasi altra cosa così da vedere un po’ cosa sta succedendo di là perché sento ridere e fare dei brindisi, ma aspetto che me lo chieda lei perché potrebbe non gradire di dovermi dare retta. Angela è più  spontanea e meno timida di me per cui fa qualche  entrata nella sala della festa con il suo visino da furba e tutti ridono. Io vorrei fare come lei ma sono una bambina un po’ troppo cicciotta e goffa  e non faccio ridere nessuno e voglio evitare umiliazioni che poi mi tocca rivivere all’infinito. È meglio che rimanga seduta tranquilla a ripetermi la poesia in modo da dirla bene. La maestra ieri sera mi ha fatto capire che sono proprio brava e non vorrei inciamparmi all’ultimo  momento. Finito il pranzo sul tavolo compaiono torte, panettoni, spagnolette, mandarini, e liquori. È il momento delle poesie. Recito la mia senza alzare gli occhi fino alla fine e poi incrocio lo sguardo del nonno, mi sorride nel suo modo sereno, e capisco che è contento, che è fiero,  che sa che lo venero. Poi anche gli adulti leggono quello che hanno preparato. Un parente fa ridere tutti raccontando la storia del mio nonno in dialetto e in rima. Ricordo solo qualche frase : « 

L’è  nasü press a ra Val da Odogn

On bel tosin che al se chiamava Togn 

L’eva bel insci pignin 

A l’eva or carö dro pà Stefenin

L’ha imparò prest a girà or mond

L’ha quasi fai or gir dro mapamond 

Ma lù al preferiva nà a Forca

....

L’è li ca la metü sü ra industria 

E anca ai bèdre al ghe tirava giù ra rusca 

Al fava su di bei ninnatol 

Dro tabac anca i scatol 

L’ha incontró na penagina che la s’ciamava Angiolina

.......

Gli uomini hanno fatto onore al vino e alla grappa e sono allegri, le donne sono contente di aver avuto una giornata di vacanza e di aver potuto mettere i piedi sotto il tavolo senza dover cucinare, a parte mia mamma e mia zia che hanno fatto avanti e indietro, per preparare, servire e rigovernare. Ma c’è una luce di soddisfazione nei loro occhi. É stato tutto bellissimo.  Buon  compleanno nonno caro.

domenica 25 novembre 2018

Ricordando Giordi

Un lieto pomeriggio insieme, Dani, Giordi e la nostra preziosa Silvana.

RICORDO DI GIORDI

Ieri abbiamo accompagnato per il suo  ultimo viaggio un grande amico. Lo ricordo con le parole che ho pronunciato al centro funerario di Riazzino.

Giordi, per me e per gli amici della colonia che in questo momento rappresento, è un amico di vecchia data, un compagno di viaggio della prima ora.
Negli anni 70 quando abbiamo iniziato l’avventura della colonia dell’unità di lavoro sociale, quando eravamo giovanissimi, avevamo questa immagine per definire la nostra compagnia: siamo un popolo in cammino.
Era chiaro per tutti noi  che eravamo in cammino verso una meta, e che questa meta è l’incontro con il Padre. Incontro che sarebbe avvenuto nel momento della morte. Anche il concetto di morte pareva chiaro, ma talmente lontano. Ora che sono passati 45 anni e che diversi di coloro con i quali ci eravamo messi in viaggio hanno già raggiunto la meta, più che mai il bisogno di certezza si fa presente.
C’è questo canto, che ci ha accompagnato per  tutti questi anni che dice: è bella la strada che porta a casa, è bella la strada per chi va … e il ritornello finisce.. e dove ti aspettano già. Giordi è andato dove lo stavano ad aspettare e mi consola pensare che in questo momento assieme ai suoi genitori e ai suoi innumerevoli zii  ci sono alcuni di quel nostro popolo in cammino a far festa con lui. Penso a Corecco, a Carlo, a Mimi, a Lolli, a Gabriele, Michelino e Mauro .E’ bella la strada che porta a casa! 
E’ stata bella la nostra strada insieme a Giordi.  Abbiamo vissuto moltissime avventure,  messo in scena tanti spettacoli, soprattutto negli anni in cui la colonia si svolgeva a Sonogno e si recitava sulla piazza davanti alla popolazione. Lui si dedicava anima e corpo. Ha interpretato tanti personaggi, spesso i protagonisti della storia, come  Re Artu o Guglielmo  Tell. Ma credo che quello che più gli è rimasto nel cuore è stato il video  il “Cantico delle Creature”  realizzato nel 1985 a Melchseefrutt.  Aveva passato parte della notte per assistere al montaggio e questo evento ce lo siamo ricordato ogni volta che ci incontravamo. Il video è stato trasmesso qualche anno fa  a Caritas TV su Teleticino e ne eravamo piuttosto fieri. Video e intervista che ha rilasciato quando si trovava in clinica a Gravesano. La potete vedere su youtube cercando “Cantico delle creature” o semplicemente inserendo in Google Giordano Morinini. (link a fine testo)
Abbiamo fatto anche qualche vacanza insieme, vacanze di Natale o Carnevale e soprattutto un viaggio a Assisi, con lui che spesso  faceva da guida, perché la sua conoscenza  dei luoghi e della storia del poverello di Assisi la sapeva meglio di tutti.
Ricordava le persone, le date, eventi, fatti, pezzi musicali, era  bravissimo a risolvere le parole crociate, interessato a tutto.  La prima immagine che ho di lui, aveva forse  13 anni,  è un duello, aveva sfidato un compagno a “singolar tenzone”, e mentre manovrava la spada di legno chiamava l’avversario “vil marrano”! Parlava così, aveva un vocabolario che ci sbalordiva .
L’anno in cui ha partecipato alle Olimpiadi a Minneapolis negli USA, ha dovuto rinunciare alla colonia  e la cosa non è stata semplice. Ricordo la telefonata della sua mamma che mi chiedeva di aiutarla a convincerlo a partire perché aveva deciso di non andare in America per non perdere la colonia. Ero riuscita a motivarlo  dicendogli che era suo dovere andarci, era come una missione per tutti noi, che le olimpiadi ce le sognavamo e che doveva far tesoro di emozioni che al ritorno avrebbe dovuto raccontarci, dalla stretta di mano a Arnold Schwarzenegger e ai vari altri VIP, alle parate iniziali e finali. E così è partito, e ha anche  vinto una medaglia. E per diversi anni ha sfoggiato magnifiche magliette, portato uno splendido cappello bianco da cow boy  e mostrato con grande fierezza la sua medaglia. A promuovere le Olimpiadi speciali era stata Eunice Kennedy, la sorella del presidente  morto il 22 di novembre, la stessa data del nostro Giordi. Una coincidenza che secondo me gli sarebbe piaciuta.
Poi gli anni sono passati anche per lui, la malattia lo ha raggiunto sotto varie forme, quest’anno in colonia non ha potuto andare.  E’ rimasto in Ticino con la sua Flavia, la sorella che lo ha curato, amato, stimolato e aiutato a diventare l’uomo che è diventato.
Con il cuore pieno di tristezza ma colmo di gratitudine prendiamo commiato dal nostro amico Giordi, nella certezza che fa ormai parte di coloro che ci stanno aspettando.




         

lunedì 17 settembre 2018

Marianne Charmillot




Quando leggo un romanzo con qualche riferimento biografico mi pare sempre che l’autore abbia saputo abitare il tempo in modo più consapevole di quanto abbia mai fatto io. Provo a volte a prendere spunto per capire come rendere giustizia al mio vissuto, che, per quanto  sia poco eroico non ha niente di banale. Il fatto di aver  messo al mondo cinque splendide persone è già la certezza che la vita cosi come l’ho vissuta ha il suo compimento.
Da bambina mi aveva molto colpito il pensiero che ogni anno senza saperlo celebriamo il giorno della nostra morte e che per i nostri cari quella tal data  sarà importante.
Le date mi hanno sempre affascinato e come i numeri hanno una collocazione  visiva ben precisa nella mia mente. Qualche volta ho tentato di disegnare  numeri e giorni, ma dopo averci lavorato ho sempre trovato che quei grafici non hanno nessuna coerenza con quanto vedo interiormente.
Oggi 17 settembre il primo pensiero al mio risveglio è stato per i  miei figli gemelli che compiono 38 anni. 
Poi ho pensato al piccolo Gabriele che 32 anni fa è andato in cielo e a Marianne che invece ci è andata 15 anni fa. Una data che ha la sua storia!
Ho consultato velocemente Google dove sono riportati parecchi eventi avvenuti il 17 settembre, il più interessante per me è la nascita nel 1907 della Harley-Davidson Motor Company. 
Ho una bella foto di Marianne scattata nel 1971 con in testa il mio casco da moto Cromwell.
Marianne era una ragazzina down di cui mi occupavo quando ero educatrice al castello di Seedorf nel canton Friborgo. Avevo 20 anni e un compito arduo,
dovevo occuparmi durante il loro tempo libero di una trentina di ragazzine, dai 6 ai 14 anni, avendo a disposizione un cortile con tre altalene, una palla e in caso di cattivo tempo un salone con un’acustica terrificante. Ero da sola a curarle ma a mia volta ero curata da una suora che sorvegliava da una finestra il mio impegno. Erano per la maggior parte ragazzine con difficoltà di apprendimento scolastico e con loro era facile organizzare giochi, ronde, teatri. Alcune però erano collocate in istituto a causa di situazioni famigliari terribili dove avevano subìto violenze di ogni genere e  portavano incise nel cuore delle profonde ferite dolorose che anestetizzavano con un comportamento aggressivo e violento che talvolta mi lasciava senza fiato. Non so quante volte avrei voluto buttare la spugna, e probabilmente l’avrei fatto se non ci fosse stata Marianne Charmillot a sostenermi. Ho scoperto il potere consolante e terapeutico di Marianne un giorno in cui due delle ragazze più grandi avevano messo in scena una insurrezione per qualcosa che era successo in classe la mattina. Non osavano ribellarsi all’insegnante che era una suora dal pugno di ferro che non esitava a utilizzare, per cui come spesso succedeva si sfogavano su di me. Mentre cercavo di placare la loro ira, quasi con le lacrime agli occhi, si è  alzata imperiosa la voce di Marianne: “Arretez d’embêter Madame Daniela”.  
Ricordo quel momento come uno spartiacque, tutte ci  siamo girate verso di lei, le ragazzine si sono ammutolite, io ho preso coscienza di come lei, da settimane, seduta sulla sua altalena vegliava su di me. Non ci avevo mai fatto davvero caso fino a quel preciso istante ma da quel giorno andare al lavoro è diventato qualcosa di completamente diverso, non vi andavo più preoccupandomi di cosa avrei trovato e cercando strategie per sopravvivere, da quel giorno andavo sapendo che qualcuno che mi voleva bene mi stava aspettando. 


Ho cercato in internet “Marianne Charmillot Vicques” e ho trovato la fotografia della sua tomba, è l’unico riferimento alla sua persona, per questo oggi sento il bisogno di affidare questo breve ricordo sulla rete, perché ci sia una piccola traccia della vita della mia amata e indimenticabile Marianne.